TURISMO

Nel regolamento di polizia del Comune di Maratea del 1847 si stabilisce, “tanto per i forestieri, che per i cittadini”, che per “prendere i bagni in tempo estivo sì al Porto, che a Fiumicello”di “munirsi di un calzonetto di tela” da indossare anche in acqua, pena “la detenzione fino a due giorni”. Oltre che nota di colore, è una testimonianza di come, già all’epoca, in estate il mare di Maratea sia frequentato da bagnanti.

La pratica dei bagni estivi (“balneoterapia” o “talassoterapia”) si diffonderà sempre più nei tempi successivi. Le cittadine costiere troveranno così una nuova fonte economica dettata dalla moda dei tempi. A Maratea, solo nel 1927 troviamo una cinquantina di affittacamere tra le case del Porto e quelle di Fiumicello. Durante l’epoca fascista, le imposizioni del regime impediscono la promiscuità dei sessi lungo le spiagge; anche a Maratea si emette l’ordinanza che taglia in due lati le spiagge, uno per gli uomini e uno per le donne: “l’esecuzione della separazione è demandata a tutti gli agenti di forza pubblica” specifica l’atto.

Dopo la catastrofe della guerra, Maratea tenta di ripartire anche grazie al turismo, che ormai aveva sopravanzato la balneazione nelle voci dell’economia italiana. In particolare, l’amministratore Biagio Vitolo (1887-1974) e Antonio Cernicchiaro (1903-1993) ideano progetti per promuovere turisticamente il territorio, la cui costa, ci tiene a far notare il consiglio comunale nel 1951, “è per niente inferiore a quella Amalfitana ed altre” e “ben si presta ad essere valorizzata ai fini climatici, balneari e turistici”. Il 10 aprile 1950 viene organizzata una escursione di gitanti sulla cima del monte San Biagio e alle grotte di Marina, primo tentativo di promuovere le risorse religiose e naturalistiche a fini turistici nella storia di Maratea.

Ma per segnare la svolta decisiva le forze locali non bastano. Dopo l’arrivo degli imprenditori biellesi Rivetti, giunti a Maratea per intercettare i finanziamenti della Cassa per il Mezzogiorno, nel 1957 apre il primo moderno hotel, il Santavenere, per lungo tempo unico cinque stelle a sud di Napoli. Maratea entra così nel nascente circuito turistico del Mezzogiorno, che all’epoca è una destinazione elitaria ed esotica. “Maratea, nome magico, che mette sospetto, in ansia”, scrive Pier Paolo Pasolini, uno dei tanti grandi nomi che vogliono vederla in quegli anni, “come tutte le cose di moda, a cui non si vuole arrivare secondi.

Nel 1957 le presenze a Maratea sono 13.124. Saliranno a 51.938 nel 1977. Una crescita che procede sulla pantanose infrastrutture materiali e immateriali che l’Italia al tramonto del miracolo economico ha dato al Mezzogiorno. Nei decenni successivi Maratea non è più un fiore nel deserto: la Basilicata tutta inizia la scalata verso il turismo. E Maratea, che nel 2012 segna il suo record di 214.271 presenze, continua senza dubbio ad esserne la Perla.

La storia di Maratea

Il territorio di Maratea è abitato sin da epoche antichissime. Nelle grotte presso la spiaggia di Fiumicello è stato scoperto un insediamento del Paleolitico medio (100 mila anni fa). Contemporaneamente alla colonizzazione magnogreca, sulla costa di Maratea gruppi indigeni di stirpe enotria fondano un villaggio sul promontorio di Capo La Timpa, sopra il moderno Porto, e da qui intrattengono rapporti di scambio e commercio con i navigatori del Mediterraneo.

La città delle 44 Chiese

Maratea è nota come “città delle 44 Chiese” per la quantità dei suoi luoghi di culto: chiese, chiesette, cappelle, sacelli e persino grotte. A questo ptrimonio religioso si lega un interessante patrimonio artistico, di stile ed epoca eterogeneo. Nella Grotta dell’Angelo, aperta sulla parete di roccia del monte San Biagio, e nell’eremo della Madonna della Neve (o degli Ulivi) troviamo affreschi bizantineggianti del IX-X secolo.

Turismo

La cultura popolare di Maratea affonda nelle radici comuni delle tradizioni del Mezzogiorno d’Italia. Una prima collocazione in questo ambito può essere fornita dal suo dialetto. Il dialetto marateota fa parte dei dialetti della cosiddetta “Area di Lausberg”,cioè quella zona della mappa dialettale italiana in cui i dialetti meridionali intermedi (Campania e Puglia) si scontrano con quelli estremi (Calabria e Sicilia).