LA STORIA DI MARATEA

Il territorio di Maratea è abitato sin da epoche antichissime. Nelle grotte presso la spiaggia di Fiumicello è stato scoperto un insediamento del Paleolitico medio (100 mila anni fa). Contemporaneamente alla colonizzazione magnogreca, sulla costa di Maratea gruppi indigeni di stirpe enotria fondano un villaggio sul promontorio di Capo La Timpa, sopra il moderno Porto, e da qui intrattengono rapporti di scambio e commercio con i navigatori del Mediterraneo.

La funzione commerciale della costiera marateota dura anche nell’epoca romana, quando nel territorio di Maratea sorgono grandi villae, che producono prodotti agricoli e ittici e li smistano attraverso l’approdo naturale costituito dall’isola di Santo Janni, dove esiste il più grande sito archeologico subacqueo di epoca romana al mondo.

Nel Medioevo, esigenze difensive e la nuova centralità di agricoltura e pastorizia spingono le popolazioni rivierasche a fissare dimora sulla cima dei monti. Sulla cima del monte San Biagio nasce il centro di Marathia, attestato per la prima volta nella storia scritta nel 1079.

La cittadella fortificata sul monte (il Castello) però non è in grado di soddisfare i ritrovati stimoli commerciali offerti dal mare in epoca moderna. Un secondo centro sorge a mezza costa sulla stessa montagna: è l’attuale centro storico. Qui si concentra la vita economica e culturale della comunità, da qui si raccolgono e smistano le merci provenienti o diretti da Napoli e dall’entroterra lucano.

La pace è interrotta solo dal lungo assedio, nel dicembre 1806, che truppe napoleoniche muovono al Castello, difeso dal marateota Alessandro Mandarini. Nel resto del secolo, la scena della vita culturale e politica della comunità di Maratea è calcata da numerosi patrioti, martiri del Risorgimento, tra cui Costabile Carducci, morto sulla spiaggia di Acquafredda nel 1848, e da uomini di profilo nazionale, quale sarà cardinale Casimiro Gennari (1839-1914).

Nel Novecento Maratea entra con la debole modernizzazione caratteristica dei paesi lucani. Maratea è però già una stazione balneare prima delle guerre mondiali, e, a partire dal Dopoguerra, entra nel panorama nazionale quale meta turistica ambita e rinomata.

Cultura Popolare

La cultura popolare di Maratea affonda nelle radici comuni delle tradizioni del Mezzogiorno d’Italia. Una prima collocazione in questo ambito può essere fornita dal suo dialetto. Il dialetto marateota fa parte dei dialetti della cosiddetta “Area di Lausberg”,cioè quella zona della mappa dialettale italiana in cui i dialetti meridionali intermedi (Campania e Puglia) si scontrano con quelli estremi (Calabria e Sicilia).

La città delle 44 Chiese

Maratea è nota come “città delle 44 Chiese” per la quantità dei suoi luoghi di culto: chiese, chiesette, cappelle, sacelli e persino grotte. A questo ptrimonio religioso si lega un interessante patrimonio artistico, di stile ed epoca eterogeneo. Nella Grotta dell’Angelo, aperta sulla parete di roccia del monte San Biagio, e nell’eremo della Madonna della Neve (o degli Ulivi) troviamo affreschi bizantineggianti del IX-X secolo.

Turismo

Nel regolamento di polizia del Comune di Maratea del 1847 si stabilisce, “tanto per i forestieri, che per i cittadini”, che per “prendere i bagni in tempo estivo sì al Porto, che a Fiumicello”di “munirsi di un calzonetto di tela” da indossare anche in acqua, pena “la detenzione fino a due giorni”. Oltre che nota di colore, è una testimonianza di come, già all’epoca, in estate il mare di Maratea sia frequentato da bagnanti.